Dopo due anni di laboratorio con gli studenti del master di traduzione esce per l’Università George Emil Palade di Targu Mures una pubblicazione trilingue (italiano, inglese romeno) a cura di Bianca Han a Corina Bozedean.
Il libro sarà presentato presso l’Università il 12 dicembre 2024.
SULLA SOGLIA ON THE THRESHOLD ÎN PRAG Traducători și coordonatori traduceri în limba română:Bianca Han, Corina Bozedean Traducători: Studenții masteranzi la Traducere Multimodală: Bereczki Anita, Boar David, Dorgo Monica, Frenț Camelia, Halațiu Eliza, Ispas Sebastian, Koposciuc Rovena, Molnar Szende, Mutu Ronaldo, Ocoș Mălin, Olah-Câmpean Karina, Pană Francesca, Rusu Emilia, Saltelechi Alexandra. Grafică: Tobias Şileanu, student la Limbi Moderne
Aplicate
Editura University Press
Dalla note introduttiva dell’autrice:
LA TRIPLICE SFIDA TRADUTTIVA
“Sulla Soglia/On the threshold” è un libro nato in lingua italiana ma, quasi contestualmente alla sua stesura, è stato auto-tradotto in lingua inglese con la supervisione finale del poeta e traduttore Patrick Williamson.
In questo primo passaggio traduttivo, tra lingua d’origine e lingua inglese, le inversioni dell’ordine di parole – basti pensare all’aggettivo che sempre precede il sostantivo e di conseguenza modifica drasticamente l’impatto degli enjambement – sono stati tanto frequenti quanto gli interventi sulla sintassi – anche qui basti pensare all’obbligo di specificare i pronomi o all’assenza di particelle impersonali – tutte modifiche che hanno inevitabilmente allontanato la traduzione dalla versione originale.
Altre perdite inevitabili riguardano l’intenzionalità polisemantica molto spesso impossibile da mantenere in traduzione tra due lingue etimologicamente così distanti, ma che in parte si trova invece felicemente restituita nella successiva traduzione del libro in lingua spagnola nel 2019 e ora nell’attuale traduzione in lingua romena.
Oltre alla ricerca polisemantica, portante in questi versi, altre sono le piccole ma necessarie infedeltà che la lingua inglese ha richiesto, nella danza continua tra significato e suono.
“Quale dei due elementi anteporre?” nelle scelte traduttive è il quesito che gli studenti si sono dovuti porre; conferire la precedenza al mantenimento di un’allitterazione, infatti, può ledere l’intento comunicativo di un’autrice/autore e questo è un rischio che non si vorrebbe/dovrebbe mai correre.
A tutela del significato, sono nati alcuni slittamenti: allitterazioni liquide hanno cambiato strofa, allitterazioni dure hanno previsto la sostituzione di una consonante con un’altra, talvolta un’assonanza è venuta in soccorso a una rima impossibile da ricreare e talvolta è accaduto il contrario, tutti piccoli riposizionamenti tesi al mantenimento dell’equilibrio del testo nel suo insieme. Così, in traduzione, la ricerca di un’aderenza di suono rispettosa del senso si muove di gradino in gradino, inseguendosi tra i versi come fossero scale.
Il processo di traduzione in lingua romena è certamente fluito con più linearità rispetto a quanto fatto dalla lingua inglese, tanto da suggerire a tutti gli studenti, anche a chi non aveva dimestichezza con l’italiano, di ascoltare la lettura ad alta voce in lingua originale per agevolare la comprensione delle intenzioni sonore. Sì, perché in poesia tutto contribuisce alla costruzione del significato, anche ciò che pare legato solo alla forma, solo forma non è. Le similarità tra lingua italiana e lingua romena hanno così consentito di evitare alcuni inciampi dinanzi ai quali aveva incespicato la lingua inglese.
Quando si traduce, specialmente poesia, bisogna porsi un quesito primario: “cosa devo necessariamente salvare del testo originale?” a fronte di qualche aspetto che sarà comunque sacrificato; la scelta diviene ancora più complessa se teniamo conto del fatto che in poesia tutto significa, persino il non detto. Più volte abbiamo parlato, durante i preziosi incontri con gli studenti, di quanto il traduttore sia il migliore lettore di un testo poetico, dove non solo egli deve comprendere le scelte dell’autore, ma deve anche indagare le motivazioni per cui ha scartato tutte le possibili alternative.
Credo che l’approccio a questo progetto traduttivo abbia riservato agli studenti un iniziale scoramento, tradurre poesia infatti è ben più arduo che tradurre qualsiasi altro genere letterario: le perdite sul campo sono inevitabili ed è necessario accettare i limiti che una lingua di destinazione sempre possiede. La perfetta fusione tra forma e sostanza, indispensabile alla poesia per dirsi tale, rappresenta un obiettivo particolarmente arduo da raggiungere con qualsiasi traduzione, perché è implicito che nessuna lingua possa essere perfettamente coincidente con un’altra, per questo si parla sempre di guadagni e perdite. Così l’illusione che la brevità dei testi agevolasse il processo si è infranta, credo, già dal primo incontro, per poi generare però un elevato grado di soddisfazione a lavoro compiuto.
Se da un lato la versione italiana si accasa più facilmente nei versi romeni, altre sono state le scelte difficili da compiere nella triangolazione italiano-inglese-romeno. Come distinguere l’arcaicità o la modernità di un verbo quando le lingue invecchiano a passi diversi? Come rendere un registro colloquiale in una lingua che in poesia normalmente non lo adotta o come mantenere l’effetto dirompente di un abbassamento – o di un innalzamento – di registro in una lingua che poeticamente non lo consente? Quale sinonimo scegliere quando quello che suona in modo più affine all’originale viene utilizzato nella lingua di destinazione in modo alquanto diverso – ad esempio puramente letterario?
La traduzione della più semplice delle parole italiane: “rosa” in una lingua nata dalla medesima radice latina, ma che nel tempo ha inglobato vocaboli di altri ceppi linguistici, crea uno stallo la cui soluzione non provocherà mai nel lettore il medesimo effetto della lingua originale. Se optiamo per la parola più simile a “rosa” utilizziamo un lessico distante dall’uso quotidiano, se utilizziamo “trandafir” otteniamo tutta altra sonorità e forma grafica in cui si perde l’essenzialità di un bisillabico.
Molte altre sono le riflessioni emerse durante questo progetto, ad esempio le forzature, così dette licenze poetiche che ognuno di noi può concedersi forse solo nella lingua madre e che non tutte le lingue accolgono con la medesima apertura, ma mi fermo qui perché vorrei lasciare al lettore la possibilità di ricercare, qualora voglia, le soluzioni più preziose che gli studenti hanno scovato per dare nuova vita ai miei versi in lingua romena.
Enormi sono i miei ringraziamenti nei loro confronti per avere intrapreso questa sfida traduttiva lavorando a versi tutt’altro che facili, e altrettanto enorme è il mio ringraziamento a Corina Bozedean e a Bianca Han che hanno curato questo progetto lungo tutto il suo farsi. A Bianca Han, in particolare, un grazie per l’organizzazione di tutti gli incontri preziosi con gli studenti, per la cura che riserva alla poesia e per i tanti progetti che stiamo realizzando assieme, un ponte “da e verso” la poesia romena.
Monica Guerra has attended the first edition of the International Multilingual Creative Writing Conference in New York between the 13th and the 15th of November 2024 where she conducted the panel “Land and Identity” and the reading from her latest bilingual book “A ogni latitudine / At every latitude” (Il Vicolo, 2024) for the New York Poetry Festival.
The International Multilingual Creative Writing Conference is a platform to celebrate the rich diversity of human experience across cultures and a unique opportunity to foster intercultural collaboration with artists, editors, media outlets, and publishers. As a discipline, creative writing programs are now present across the Americas, Europe and other regions of the world. Universities, NGOs, private groups, and individual practitioners contributed to this growth. However, a multilingual approach is critical to unlocking the potential of intercultural cross-pollination and collaboration between practitioners with diverse cultural backgrounds. The City College of New York— Division of Interdisciplinary Studies (CCNY CWE), The Americas Poetry Festival of New York (TAPFNY), Instituto Cervantes New York, and the University of La Rioja join forces to organize this conference.
The conference included great media partners like The Academy of American Poets, The Latino Book Review, and Hostos Review. A brainchild of City College of New York, poet and professor Carlos Aguasaco, the conference expands the horizons reached by the ten Multilingual Poetry Festivals he has co-organized with poets Yrene Santos, and Carlos Velásquez Torres.
non è argilla bianca il fango
la moria di pesci sotto gli alberi
interrotti è sangue è melma
nello sguardo sopra i ponti
tra i muri d’acqua non resta
che rimpastare il segreto
di una bellezza frantumata
dagli arti divelti il centro esatto
di una FILLIDE perpetua
per creare contano gli argini
al di là di ogni retorica
Commento di CHIARA TROCCOLI PREVIATI
FILLIDE, città a sorpresa. Ma, in fondo, non è sempre cosi con le città invisibili di Calvino?
E’ uno sfioro di sguardo questa immagine di Fillide. Il fotografo Di Palma gioca tra visibilità e invisibilità: dualità tra buio e luce, luce che si va sempre più stemperando verso il basso. Dalle finestre la luce prorompe nei colori del sole al tramonto ma si incasella nelle grate nere che finiscono per imprigionarla. Tracce, blandi riflessi, corrono, ondeggiano silenziosamente sull’acqua nel fondo dell’immagine, fino a spegnersi nell’invisibile del buio che domina la scena.
Si intravede un porticato, si immaginano ( perché lo spazio tra sguardo e immaginazione e’ breve) i ponti di cui Calvino ci narra, ma ecco che interviene la sorpresa: <<I tuoi passi rincorrono ciò che non si trova fuori degli occhi ma dentro, sepolto e cancellato.>>
Appare la fanciulla fornasettiana (la sua musa, Lina ) color cielo bizantino; sbuca da un arco di luce virata seppia e ci induce al silenzio col gesto del dito sulle labbra. Pensiamo subito al << portico che continua a sembrare più gaio perché è quello in cui passava trent’anni fa una ragazza>> ( Calvino). Lei catalizza la scena, le dona mistero: del resto il suo tenere le labbra chiuse, il restar muti, sta nella radice del verbo greco μυo-ειν che da origine alla parola mistero. Sei di fronte al mistero quando resti ammutolito, non quando non comprendi.
La sorpresa di quel volto, quasi Fillide in persona, ci coglie di sorpresa!
Una zampata leonina l’incipit poetico di Monica Guerra, quasi un dardo scagliato. Una poesia tra rarefazione e speculazione, visionaria, che mi ricorda lo stile di Bartolo Cataffi, una consonanza di esiti poetici. Domina l’enigma ma poi appare il mistero che ti conquista “ Nello sguardo sopra i ponti/ tra i muri d’acqua non resta/ che rimpastare il segreto di una bellezza frantumata”. Ecco, torna il mistero: viene evocata una FILLIDE perpetua, un infinito che nasce dalla finitezza dei frantumi. E questa ‘immagine’, venuta come in volo, resta eterna nel nostro sguardo.
“( per creare contano gli argini/ al di là di ogni retorica)”: questa conclusione mi ricorda Anselm Kiefer quando dice- Quando il caos è delimitato da un confine allora diventa un quadro-.
Clicca sotto per ascoltare l’audio integrale: Monica Guerra e Lele Synth, da Poeme Électronique – AREZZO OFF – nona edizione della Rassegna di poesia e musica elettronicaNew Factory Arezzo.
Con Ksneja Laginja, Stefano Bertoli, Nadia Chiaverini e Benz Viviani.
Intervista a Monica Guerra, Presidente di Independent Poetry, traduttrice, esperta di poesia romena. Ne parlerà all’Associazione A. Rosmini di Trento giovedì 28 marzo 2024 h.17 in collegamento tramite zoom (link: https://us02web.zoom.us/j/82478134063)
Quali sono stati, da lettrice italiana, i suoi primi incontri con la poesia romena?
Conoscevo diverse opere di Ana Blandiana (pseudonimo di Otilia Valeria Coman) autrice largamente tradotta nel nostro Paese e spesso invitata a festival letterari; una voce di riferimento del panorama romeno ma certamente non l’unica di rilievo. Ana Blandiana appartiene a un gruppo di autori che ha attraversato il periodo del regime comunista e che, rifuggendo ogni artificio retorico, ha dato voce alla resistenza. Conoscevo anche i versi di Nina Cassian (1924-2014), autrice pubblicata da Adelphi e che, proprio in seguito a questa pubblicazione, ha goduto in Italia di una particolare notorietà, forse a discapito di altre grandi voci. Una nota a parte mi preme dedicare a Paul Celan (Paul Antschel, 1920-1970), da sempre prediletto, autore di riferimento della Seconda Guerra Mondiale, che però è solo parzialmente riconducibile al territorio romeno. La sua opera, prevalentemente in lingua tedesca, è stata testimone del grande male del nazismo, ma rappresenta anche uno scavo nell’abisso di ogni uomo. Una poesia del dolore e dello sradicamento dove la parola, entro i suoi stessi limiti, si trasforma in una possibile dimora.
Com’è stato il suo viaggio nella poesia romena quando ha cominciato a frequentare il Paese?
La prima opera letta è del padre fondatore della poesia romena Mihai Eminescu (Mihail Eminovici, 1850-1889): un poemetto metafisico/simbolico che mi ha subito catturato Lucefarul (Iperione). Ho vagato poi nella tradizione popolare, tra leggende e canti, rapita dalla bellezza dei luoghi, dal folklore ma anche dalla pregnanza morale dei significati. Grazie all’opera critica e di traduzione di Marco Cugno e Marin Mincu mi sono avvicinata ai grandi autori interbellici (George Bacovia, Lucian Blaga, Ion Barbu, Ion Vinea e Tudor Arghezi) e ai poeti vissuti durante la dittatura (tra questi Nichita Stănescu, Marin Sorescu, Ion Gheorghe, Angela Marinescu) scoprendo un patrimonio di versi visionari e coraggiosi e godendo di una musicalità che talvolta la traduzione lede.
Ci sono stati incontri con la poesia contemporanea?
Negli ultimi anni ho tradotto diversi testi di Constantin Severin, poeta e artista che devo ringraziare anche per la guida nella selezione degli autori che saranno presentati nella rassegna Viaggio nellapoesia europea contemporanea, promosso dall’Associazione A. Rosmini di Trento. È stato facile cadere nella profondità dei suoi versi, seguendo la tensione verticale – ora di scavo, ora di elevazione – tra rimandi mitologici ed elementi della vita, una miscela di tradizione e di consapevolezza del presente che avvicinano la poesia al lettore. Grazie a lui è iniziato il mio viaggio tra i poeti romeni contemporanei, viaggio di studio e di ricerca che spero mi conduca, attraverso la frequentazione della lingua, a tradurre autori importanti e poco tradotti in lingua italiana come Ion Muresan, Aura Christi, Nichita Danilov e Liviu Ioan Stoiciu.
Se dovesse scegliere tra queste voci qualche verso significativo, su chi si orienterebbe?
Lo sguardo di Orfeo di Constantin Severin:
ho sempre scritto cercando lo sguardo di Orfeo al di fuori delle cose /lo sguardo-musica nel cuore del vuoto che muove astri e pianeti/uno sguardo colmo d’amore che amplifica la vita in paradiso e la morte all’inferno/lo sguardo che perde Euridice per vincere il canto//ho sempre scritto cercando lo sguardo di Orfeo all’interno delle cose/lo sguardo-ninfa nel cuore della materia che nutre foglie e radici/uno sguardo carico di tutte le nostre storie chiare e oscure /lo sguardo che in questa poesia si frantuma in mille farfalle roride…