non è argilla bianca il fango
la moria di pesci sotto gli alberi
interrotti è sangue è melma
nello sguardo sopra i ponti
tra i muri d’acqua non resta
che rimpastare il segreto
di una bellezza frantumata
dagli arti divelti il centro esatto
di una FILLIDE perpetua
per creare contano gli argini
al di là di ogni retorica
Commento di CHIARA TROCCOLI PREVIATI
FILLIDE, città a sorpresa. Ma, in fondo, non è sempre cosi con le città invisibili di Calvino?
E’ uno sfioro di sguardo questa immagine di Fillide. Il fotografo Di Palma gioca tra visibilità e invisibilità: dualità tra buio e luce, luce che si va sempre più stemperando verso il basso. Dalle finestre la luce prorompe nei colori del sole al tramonto ma si incasella nelle grate nere che finiscono per imprigionarla. Tracce, blandi riflessi, corrono, ondeggiano silenziosamente sull’acqua nel fondo dell’immagine, fino a spegnersi nell’invisibile del buio che domina la scena.
Si intravede un porticato, si immaginano ( perché lo spazio tra sguardo e immaginazione e’ breve) i ponti di cui Calvino ci narra, ma ecco che interviene la sorpresa: <<I tuoi passi rincorrono ciò che non si trova fuori degli occhi ma dentro, sepolto e cancellato.>>
Appare la fanciulla fornasettiana (la sua musa, Lina ) color cielo bizantino; sbuca da un arco di luce virata seppia e ci induce al silenzio col gesto del dito sulle labbra. Pensiamo subito al << portico che continua a sembrare più gaio perché è quello in cui passava trent’anni fa una ragazza>> ( Calvino). Lei catalizza la scena, le dona mistero: del resto il suo tenere le labbra chiuse, il restar muti, sta nella radice del verbo greco μυo-ειν che da origine alla parola mistero. Sei di fronte al mistero quando resti ammutolito, non quando non comprendi.
La sorpresa di quel volto, quasi Fillide in persona, ci coglie di sorpresa!
Una zampata leonina l’incipit poetico di Monica Guerra, quasi un dardo scagliato. Una poesia tra rarefazione e speculazione, visionaria, che mi ricorda lo stile di Bartolo Cataffi, una consonanza di esiti poetici. Domina l’enigma ma poi appare il mistero che ti conquista “ Nello sguardo sopra i ponti/ tra i muri d’acqua non resta/ che rimpastare il segreto di una bellezza frantumata”. Ecco, torna il mistero: viene evocata una FILLIDE perpetua, un infinito che nasce dalla finitezza dei frantumi. E questa ‘immagine’, venuta come in volo, resta eterna nel nostro sguardo.
“( per creare contano gli argini/ al di là di ogni retorica)”: questa conclusione mi ricorda Anselm Kiefer quando dice- Quando il caos è delimitato da un confine allora diventa un quadro-.
Clicca sotto per ascoltare l’audio integrale: Monica Guerra e Lele Synth, da Poeme Électronique – AREZZO OFF – nona edizione della Rassegna di poesia e musica elettronicaNew Factory Arezzo.
Con Ksneja Laginja, Stefano Bertoli, Nadia Chiaverini e Benz Viviani.
Intervista a Monica Guerra, Presidente di Independent Poetry, traduttrice, esperta di poesia romena. Ne parlerà all’Associazione A. Rosmini di Trento giovedì 28 marzo 2024 h.17 in collegamento tramite zoom (link: https://us02web.zoom.us/j/82478134063)
Quali sono stati, da lettrice italiana, i suoi primi incontri con la poesia romena?
Conoscevo diverse opere di Ana Blandiana (pseudonimo di Otilia Valeria Coman) autrice largamente tradotta nel nostro Paese e spesso invitata a festival letterari; una voce di riferimento del panorama romeno ma certamente non l’unica di rilievo. Ana Blandiana appartiene a un gruppo di autori che ha attraversato il periodo del regime comunista e che, rifuggendo ogni artificio retorico, ha dato voce alla resistenza. Conoscevo anche i versi di Nina Cassian (1924-2014), autrice pubblicata da Adelphi e che, proprio in seguito a questa pubblicazione, ha goduto in Italia di una particolare notorietà, forse a discapito di altre grandi voci. Una nota a parte mi preme dedicare a Paul Celan (Paul Antschel, 1920-1970), da sempre prediletto, autore di riferimento della Seconda Guerra Mondiale, che però è solo parzialmente riconducibile al territorio romeno. La sua opera, prevalentemente in lingua tedesca, è stata testimone del grande male del nazismo, ma rappresenta anche uno scavo nell’abisso di ogni uomo. Una poesia del dolore e dello sradicamento dove la parola, entro i suoi stessi limiti, si trasforma in una possibile dimora.
Com’è stato il suo viaggio nella poesia romena quando ha cominciato a frequentare il Paese?
La prima opera letta è del padre fondatore della poesia romena Mihai Eminescu (Mihail Eminovici, 1850-1889): un poemetto metafisico/simbolico che mi ha subito catturato Lucefarul (Iperione). Ho vagato poi nella tradizione popolare, tra leggende e canti, rapita dalla bellezza dei luoghi, dal folklore ma anche dalla pregnanza morale dei significati. Grazie all’opera critica e di traduzione di Marco Cugno e Marin Mincu mi sono avvicinata ai grandi autori interbellici (George Bacovia, Lucian Blaga, Ion Barbu, Ion Vinea e Tudor Arghezi) e ai poeti vissuti durante la dittatura (tra questi Nichita Stănescu, Marin Sorescu, Ion Gheorghe, Angela Marinescu) scoprendo un patrimonio di versi visionari e coraggiosi e godendo di una musicalità che talvolta la traduzione lede.
Ci sono stati incontri con la poesia contemporanea?
Negli ultimi anni ho tradotto diversi testi di Constantin Severin, poeta e artista che devo ringraziare anche per la guida nella selezione degli autori che saranno presentati nella rassegna Viaggio nellapoesia europea contemporanea, promosso dall’Associazione A. Rosmini di Trento. È stato facile cadere nella profondità dei suoi versi, seguendo la tensione verticale – ora di scavo, ora di elevazione – tra rimandi mitologici ed elementi della vita, una miscela di tradizione e di consapevolezza del presente che avvicinano la poesia al lettore. Grazie a lui è iniziato il mio viaggio tra i poeti romeni contemporanei, viaggio di studio e di ricerca che spero mi conduca, attraverso la frequentazione della lingua, a tradurre autori importanti e poco tradotti in lingua italiana come Ion Muresan, Aura Christi, Nichita Danilov e Liviu Ioan Stoiciu.
Se dovesse scegliere tra queste voci qualche verso significativo, su chi si orienterebbe?
Lo sguardo di Orfeo di Constantin Severin:
ho sempre scritto cercando lo sguardo di Orfeo al di fuori delle cose /lo sguardo-musica nel cuore del vuoto che muove astri e pianeti/uno sguardo colmo d’amore che amplifica la vita in paradiso e la morte all’inferno/lo sguardo che perde Euridice per vincere il canto//ho sempre scritto cercando lo sguardo di Orfeo all’interno delle cose/lo sguardo-ninfa nel cuore della materia che nutre foglie e radici/uno sguardo carico di tutte le nostre storie chiare e oscure /lo sguardo che in questa poesia si frantuma in mille farfalle roride…
Il 31 gennaio alle ore 21.00 Monica Guerra è ospite assieme a Michele Donati di Il Pietrisco, nell’occasione entrambi leggono testi inediti legati all’alluvione che ha colpito la Romagna nel maggio 2023.
Versi e riflessioni ruotano attorno al cambiamento climatico, all’incuria e alla normalizzazione degli stati emergenziali.