L’altra Faccia della Luna
Monica Guerra, con Nais Aloisi, Angela Fabbri e Scilla Mastini in L’altra faccia della luna.
Domenica 10 marzo 2019 a Villa Silvia, Cesena.
Monica Guerra, con Nais Aloisi, Angela Fabbri e Scilla Mastini in L’altra faccia della luna.
Domenica 10 marzo 2019 a Villa Silvia, Cesena.
A morte é a curva da estrada,
Morrer é só não ser visto.
Fernando Pessoa
a chi resta
to the one who stays
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PROLOGO / PROLOGUE
noi ci teniamo per mano
tra le crepe dei non ti scordar di me
come sporadiche fioriture di Marzo
nel sempreverde del ricordo
il cielo precario e torrenziale solitudine.
we stand hand in hand / among the cracks of forget-me-nots / like random blossoms of March / in the evergreen of memories / the sky uncertain solitude in full flood.
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IL SALUTO / THE GOODBYE
6 luglio 2016
la lacrima lungo l’angolo
sinistro il passaggio, ogni
giorno riscorre il tuo andare
nel mio occhio in prestito
che poi cosa vuoi che sia,
la vita non è tutto.
6th July 2016
the tear across the left / corner, the aisle, every / day is your going again / to my short-term eye // but, after all, / living is not all in life.
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26 giugno 2016
il reparto ha porte di lillà
perché a primavera possa rifiorire
dall’humus del lenzuolo
il grido di una rosa.
26th June 2016
the unit has lilac doors / so the howl of a rose / blooms again in spring / from the humus cloth.
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22 giugno 2016
grida distanza la valigia chiusa
sentieri stellari dietro lo spigolo quotidiano
perché morire
è solo vivere a rovescio.
22nd June 2016
the shut bag yells distance / astral tracks behind the daily edge / because dying / is only living in reverse.
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18 febbraio 2016
a tutto ci si abitua
al diradarsi di una chioma
ai rivoli di vena
all’odore inimitabile
che sa solo la malattia.
18th February 2016
we get used to everything / the thinning of the crown / rivulets of veins / the inimitable smell / that only disease knows.
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17 maggio 2016
sfogliavamo insieme
le stelle una dozzina
di cieli stralunati tu smistavi
una costellazione
e poi d’un tratto
scorrere o il solco di un nonamore
la sorgente a rovescio
poggiasti il bicchiere
perché morire
morire è un’isola
perché morire
non è come dirlo.
17th May 2016
together we were / browsing the stars a dozen / wild-eyed skies you sorted / a constellation / then all of a sudden / overflowing or the furrow of a non-love / the source upside down / you rested the glass / because dying / is an island / because dying / is not like saying it.
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1 settembre 2014
il mio dolore s’accuccia ai piedi del tuo silenzio
che non so nulla del morire e non ti posso aiutare
vorrei tu mi placassi con una qualsiasi cosa vera
fosse anche solo il tuo nome
mentre tu di sbieco sorridi e spalmi bene,
tra le dita, la crema
ma il tuo dolore non abita qui
non ci sono vie di fuga
c’è solo andare.
1st September 2014
my sorrow kneels at the feet of your silence / for I don’t know anything about dying and I cannot help / I wish you would calm me with something real / be it just your name / while you smile askance and keep spreading / the cream among your fingers, carefully / but your sorrow doesn’t live here / there are no escape routes / there is only going away.
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IL RICORDO / THE REMINISCENCE
mamma guardami la foto
quella in bianco e nero sopra il letto
la mia spalla e sopra la mia spalla
la tua mano a ripararmi il mondo
mamma inventami la vita
che prosegue i suoi colori
oltre questo scasso prematuro
nel volto acerbo del ricordo
mummy look at me in the picture / the black and white one just above the bed / my shoulder and on it / your hand sheltering me from the world // mummy invent me a life / that carries on with its own colors / beyond this premature break-in / into the sour face of memory
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in verità qui non esiste
non esiste certo né assolutamente
esiste la vita parziale finché esiste
sbraitante all’angolo della strada
nel centro esatto dell’impermanenza
e allora è salvare, la necessità,
salvare l’incrocio di mani
che siamo stati
in fact here doesn’t exist / nor does absolutely or certainty / a partial life exists until it is / screaming at the corner of the street / at the exact center of impermanence / then to save, this is the need, / to save the junction of hands / what we have been
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e se scrivo è per farti poesia
rimpastare la stagione sul tuo viso.
ci si salva e si muore,
ognuno a suo modo.
ogni giorno. ognuno come può
and if I write it is to make you poetry / to rework the season on your face. / everyone dies or is saved, / in their own way. / everyday, everyone as best they can
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lungo la strada di casa un’ombra
non avevo mai visto tanta luce
e hai cominciato a ridere
a ridere di me, di noi, e stanavi viva
oltre gli acini violacei degli occhi
la mano, ti domandavo dove
cosa devo fare e la radio a farneticare,
la vita si è addormentata e noi
abbiamo ripreso a danzare
on the way home a shade / I had never seen such light // and you started to laugh / to laugh at me, at us, and you flushed out // a lively hand over the purplish berries / of your eyes, then I was asking you where // what should I do and the radio raving / life fell asleep and we // began dancing again
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EPILOGO / EPILOGUE
non un tumulo la testa
nello sguainarmi dentro
il sangue sulle scale,
pensare che sondavo il morire
dov’è ora il mare
my head not a grave / I unsheathe myself inside / blood runs on the stair / thinking that I explored dying / where is the sea now
Da Laboratori Poesia un’intervista a cura di Michele Paoletti, si parla di ulla Soglia, del Festival di Poesia Tres Dotes, delle rassegne Poetry e Scontrosa Grazia.
qui il link.
Come nascono le tue poesie?
Indagare la realtà che ci circonda, attraverso i versi, è spesso l’atto finale di una qualche esperienza. La Poesia è uno scavo che l’uomo compie su se stesso e anche se l’atto finale accade dinanzi a un foglio bianco, inizia comunque molto tempo prima; con questo intendo che una poesia dovrebbe sempre possedere radici profonde, anche quando germoglia apparentemente in modo repentino. Ci sono poesie che richiedono un lungo tempo di sedimentazione e di limatura, ci sono testi che invece nascono in modo più fluido. Io lavoro molto per sottrazione, amo distillare. Il mio computer e i miei quaderni sono colmi di annotazioni e di poesie in lavorazione, sono pieni di embrioni di versi e forse pochi vedranno la luce.
Talvolta il processo di scrittura nasce da una parola che incontro “fortuitamente” durante la giornata, o durante il sonno, che si sposa con un pensiero, o con un sentimento, che se ne stava cheto nel sottofondo. Spesso, molto spesso, essendo una lettrice bulimica, la mia poesia nasce da altra poesia.
Quali sono i tuoi autori di riferimento, se ci sono, quelli a cui ritorni ogni volta che inizi a scrivere un nuovo libro?
Credo sia difficile per me identificare solo qualche autore di riferimento, tanto porosa è la poesia, almeno la mia, che assorbe qualcosa ogni dove, posso però nominarti gli autori che amo, in primis Paul Celan. Non torno a lui prima di scrivere un libro, torno a lui ogni volta in cui sento l’intimo bisogno di ascoltare i suoi versi e questo accade con una certa frequenza.
Amo molto anche Mandel’stam, Achmatova, Cvetaeva, amo Rilke, Borges e Pessoa, però fatico a non nominare Eliot. Guardando all’Italia invece il mio faro è sicuramente Ungaretti, per quanto ami anche Saba e tanti altri autori. In questo preciso momento sto lavorando su Amelia Rosselli e sono sopraffatta dalla sua potenza.
Con l’associazione IndependentPoetry da diversi anni organizzi a Faenza la rassegna #POETRY che è diventata un riferimento nel panorama culturale della città. Ci vuoi raccontare com’è nata? Qualche episodio che ricordi con piacere? Ci puoi anticipare qualcosa della nuova stagione?
L’associazione è nata per amore della Poesia e per il desiderio di condividerla. Talvolta l’incontro con un autore può accendere una passione che non si sapeva di nutrire; tanti sono i neofiti che si sono avvicinati ai nostri appuntamenti: alcuni sono capitati per caso e non hanno più smesso di frequentare. Ricordo, tra le tante belle situazioni createsi, momenti in cui nonni e nipoti si sono incontrati casualmente al POETRY!
La nuova rassegna sta per iniziare e sarà piena di novità. Dopo quarantun appuntamenti al bar Linus, quest’anno abbiamo programmato un calendario “diffuso” sul territorio.
Cinque luoghi ospiteranno circa diciassette serate, concepite proprio in base alla tipologia dello spazio che abbiamo a disposizione. Abbiamo in cantiere anche diversi laboratori per le scuole e alcune preziose collaborazioni. Ci sarà tanta poesia contemporanea ma anche conferenze e letture di grandi autori del passato. A brevissimo pubblicheremo il calendario definitivo sul sito www.independentpoetry.org e sulla pagina Facebook (Poetry Faenza).
Lo scorso giugno è nato il Festival Tres Dotes a Tredozio (FC). Un’importante manifestazione poetica che ha ospitato tra gli altri autori Maria Grazia Calandrone, Giovanna Rosadini, Gianfranco Lauretano e molti altri. Ce ne vuoi parlare?
Il Festival Tres Dotes, organizzato assieme ad Alessandro Canzian e finanziato dal Comune di Tredozio, è stato un bell’esempio di come turismo e cultura possano andare nella medesima direzione, nutrire gli animi ma anche le piccole economie locali. L’Italia è paese principe della poesia e dell’arte e credo che i nostri borghi dovrebbero essere pieni di manifestazioni di questa tipologia. Portare i grandi autori tra la gente, anche nei piccoli paesi, significa portare la poesia dove dovrebbe stare e non solo tra gli addetti ai lavori, significa abituare (o ri-abituare) le persone al pensiero, al sentimento e al potere della parola. Sinceramente il lavoro è stato ciclopico, e tu lo sai bene perché eri con noi, ma quando, sfiniti e infreddoliti, alle due di notte abbiamo trovato riparo per continuare a leggere i versi io, come molte altre persone, ho sentito scorrere davvero qualcosa di magico. Il festival di Poesia ha generato appartenenza, condivisione e solidarietà e questo è stato il bene più grande.
Parliamo adesso del tuo ultimo libro Sulla soglia (Samuele Editore, 2017), una sorta di cronologia di un addio ad un’amica scomparsa prematuramente. Ad un certo punto scrivi “è salvare, la necessità”, più avanti “se scrivo è per farti poesia”. Scrivere dunque per sopravvivere, per far sopravvivere.
Scrivere significa già salvare qualcosa, farlo sopravvivere all’oblio, agli ossequi della dimenticanza. Io sono stata impotente per tutto il decorso della malattia, sono stata inutile di fronte all’esito e così ho tentato di registrare ciò che accadeva. Misurare il silenzio, con la matita in mano, capendo che ognuno muore a suo modo, come può, intendo.
Ho trovato molto ardua la fase della pretesa e dell’illusione e scrivere mi era, in un certo modo, necessario per nominare cose e accadimenti con il loro nome, per ritornare alla realtà. Ho tentato di celebrare la vita, quella che era stata, quella che ancora era negli attimi della malattia e quella che dopo, comunque, sarebbe restata, nella sfera del ricordo.
La soglia è una dimensione a sé stante, un luogo in cui non si è né morti né completamente vivi. La soglia è un occhio frontale, l’impossibilità di pianificare e per quanto tutti viviamo, oggi giorno, della retorica del “qui e ora” solo in quel preciso momento, privati del futuro, sfioriamo il significato di questo luogo comune.
Sulla Soglia è un tentativo di celebrare l’amore “tenendosi per mano” al di là dalla questione mortale, per questo voglio continuare a celebrare, con le parole, quel sentimento dolce e autentico, come se il dialogo non si fosse interrotto, ma avesse solo cambiato canale.
Parlare di morte significa, oltre i luoghi comuni, celebrare la vita. Significa incastonare nei versi una forza vitale che pacifichi lo smarrimento e che consenta un reinventarsi radicale. Cos’è la vita, in fondo, se non un continuo reinventarsi?
Sulla soglia è un libro bilingue, scritto in italiano e inglese. Vuoi raccontarci qualcosa del percorso di traduzione?
Ho vissuto diversi anni a Los Angeles e la lingua inglese è inevitabilmente tornata in Italia con me. Mi trovavo in Texas mentre stavamo lavorando alla pubblicazione del libro ed è stato naturale cercare di accasare i versi anche in questo idioma. La traduzione è stata veloce ed efficace, anche se poi ho affidato al poeta e amico Patrick Williamson la sua supervisione.
Solitamente traduco dall’inglese all’italiano, ma trattandosi dei miei versi non ho avuto timori nel seguire il percorso contrario. Certo è che ogni traduzione è figlia di compromessi, penso ad esempio a un testo in cui l’italiano dice: stanare un tarlo e l’inglese non riesce a rendere lo stesso concetto se non tramite altre immagini. Tradurre significa indagare tutte le possibilità di senso, forse ancora più che scriverle, tradurre amplia i confini della parola ma talvolta rivela anche i suoi stessi limiti.
la voce cruda della vastità
punge sottopelle nell’aria umida
e una pacifica inquietudine
allaga la faglia del silenzio
com’è facile soli l’altro
occhio della luna il deserto
e com’è difficile al contempo
una pace distratta
fra dita di scoiattolo
e cemento, l’abbandono
è un verde selvatico
a presa rapida
una malinconia farfugliata
ma tu srotolale le ciglia
scompiglia i nidi vergini
sui seni tra i capelli
la verità freme libera
in una tana disabitata
Chateau Duval la strada ribolle
e questo sole scortica anche me
ma la fatica è una guado senza direzione
dove la terra beve ogni forma
in procinto di cadere
si scioglie nell’asfalto il passo
per l’eccesso d’esitazione
svivere scortica anche me
Le poesie sono tratte dalla silloge inedita Attese.
Un grande onore partecipare a questo progetto che porterà la poesia italiana oltre oceano. La pubblicazione uscirà a dicembre e a marzo sarà presentata alla 50esima Convention del Northeast Modern Language Association.
Ecco una selezione da 100 Great Indian Poems, raccolta pubblicata in lingua inglese e tradotta in italiano, anteprima a cura di Margutte clicca qui per leggerla.
Calmati
— Anonimo
Occupato ora con il mio prezioso flauto di bambù,
le mie dita delicate sui fori.
Tesoro, non posso coccolarti ora,
sono perso nel suonare questo melodioso flauto.
Calmati – mangia un po’ di chilli!
Non posso stringerti proprio adesso.
Occupato con il mio piccolo prezioso flauto di bambù,
le mie dita delicate sui fori.
(Traduzione italiana di Monica Guerra dalla versione inglese)
*
La Canzone dell’Anima
— Abhay K.
Sono stata sempre qui
come il sibilo del vento
o la caduta di una foglia
come lo splendore del sole
o lo scorrere dei torrenti
come il cinguettio degli uccelli
o il fiorire dei boccioli
come il blu del cielo
o il vuoto dello spazio
mai sono nata
mai sono morta
(Traduzione italiana di Saverio Bafaro dalla versione inglese)
*
Selezione dall’Amaruśataka
Il pappagallo domestico ascoltò
i bisbigli amorosi degli amanti
per una notte intera,
e al sorgere del sole
li spifferò a gran voce
a tutti gli abitanti della casa.
Turbata dall’eco dei propri segreti,
la donna pose un orecchino di rubini
accanto al pappagallo – sperava
che l’uccello ciarliero lo scambiasse
per un melograno dai semi rossi
e ingoiandolo tacesse per sempre. (16)
Il legame d’amore è spezzato,
l’amicizia svanita,
il rispetto e l’affetto
appassiti,
lui ora è solo un’ombra
tra le ombre della strada.
Eppure i miei occhi lo seguono, amico mio,
non smetto di ammirarlo
di giorno in giorno:
come è strano invero
che il mio cuore
non si sia spaccato. (43)
(Traduzione italiana di Tiziana Colusso dalla versione inglese)
EXTRACLASS
C/O Quazàr Coworking
Via G.M. Emiliani, 2 – Faenza
L’incontro è dedicato alla poesia di Mandel’štam ed è il primo di un ciclo di appuntamenti sulla poesia russa che avranno luogo nella sede di Extraclass in via G.M. Emiliani, 2 a Faenza, a cura di Monica Guerra e Gianfranco Lauretano.
Durante l’incontro, Monica Guerra e Gianfranco Lauretano, uno dei maggiori tradutt
ori italiani di Mandel’štam, ci guideranno alla scoperta delle sue poesie, approfondendo aspetti della storia russa e della poetica dell’autore, nata a inizio Novecento in un periodo di grande intensità letteraria e volta a riscoprire il potere primigenio della parola stessa.