Piccolo viaggio nell’inverno Russo
Da anni m’invento Mosca, capitale di questa Madre Russia che conosco solo attraverso l’inchiostro dei libri e cui inspiegabilmente sento di appartenere. Colpa del nitido di Pasternak, delle pieghe dell’animo di Fëdor, dell’esattezza di Tolstoj, della levatura di Puskin, dell’ironia surreale di Gogol. Colpa della letteratura esiliata, dell’indicibile profondità di tanti, tanti poeti. Colpa dei versi sublimi di Mandel’stam, della passionalità di Achmatova e del numinoso di Cvetaeva. E non necessariamente in quest’ordine. Colpa delle mille vite russe vissute attraverso i libri.
Per tutto questo il mio atterraggio a Mosca è un su e giù, oltre che fisico, dell’animo. Ma è il lungo percorso in auto, dall’aeroporto fino all’accademia Andriaka, passando dal centro della capitale, la vera esaltazione interiore. La città si srotola, in mezzo ai miei occhi annacquati, un po’ alla volta, rivelando le sue statuarie bellezze, le larghe strade punteggiate di luminarie, l’altero candido dei teatri e la trasformazione dell’architettura periferica in una sinfonia di palazzi storici, fino a giungere al cuore rosso, pulsante e vivo del Cremlino: le sue geometrie sacre. Dove l’occhio, entro una magia bianca, si allaga.
Atterraggio
Mosca 16 gennaio 2016
Non è sogno a mezz’aria
la fessura sublime
la Capitale
un calmo di neve
un sospeso di bellezza
le sacre Geometrie.